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Rossella Lo Galbo
Il 23 aprile 2024 il governo italiano ha presentato un disegno di legge dal titolo “Norme per lo sviluppo e adozione di tecnologie di intelligenza artificiale”.
Mentre la normativa Europea in tema di intelligenza artificiale si occupa principalmente di disciplinare la progettazione e l’immissione sul mercato dei sistemi di intelligenza artificiale – considerati alla stregua di un prodotto -, il disegno di legge italiano detta invece i principi generali, le finalità e gli obiettivi in materia di intelligenza artificiale, disciplinandone poi l’utilizzo in diversi settori. Fra questi, vi è anche il diritto del lavoro.
Prima di entrare nel merito del disegno di legge, occorre precisare che il diritto del lavoro è uno dei primi settori in cui sta già iniziando a formarsi un orientamento giurisprudenziale in materia di intelligenza artificiale. Fra i primi ambiti di applicazione dell’intelligenza artificiale, si segnalano i seguenti precedenti giurisprudenziali:
-Bologna, ordinanza n. 2949/2022, una fra le prime pronunce in materia di discriminazioni sul luogo di lavoro derivanti dall’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiali;
-Palermo, sentenza n. 14491/2023, nella quale veniva accertata la natura antisindacale della mancata comunicazione, da parte del datore di lavoro nei confronti delle associazioni sindacali competenti, circa i criteri di funzionamenti dell’algoritmo di sistema artificiale impiegato per l’assegnazione degli incarichi ai riders.
-Torino, sentenza n. 743/2023, nella quale veniva accertata l’illegittimità dei criteri di scelta adottati da un sistema di intelligenza artificiale utilizzato dal Ministero dell’Istruzione per selezionare gli insegnanti a cui attribuire le supplenze.
Il DDL sull’Intelligenza artificiale e il diritto del lavoro stabilisce la necessità di proporre una dimensione antropocentrica dell’intelligenza artificiale, ovvero al servizio dell’uomo.
Nel diritto del lavoro, tale concetto assume chiaramente la declinazione di un’intelligenza artificiale al servizio del lavoratore, volta ad accrescerne le condizioni di lavoro, promuoverne le potenzialità e tutelarne diritti.
Il Disegno di Legge introduce poi una propria definizione di “modelli di intelligenza artificiale” (diversa da quella dell’AI Act di “modelli di intelligenza artificiale con finalità generali”, art. 3, par. 1, n. 63), definendoli “modelli che identificano strutture ricorrenti attraverso l’uso di collezioni di dati, che hanno la capacità di svolgere un’ampia gamma di compiti distinti e che possono essere integrati in una varietà di sistemi o applicazioni”.
Un esempio di modello di intelligenza artificiale è “Chat GPT”.
Va precisato come la difformità fra la definizione di “modelli di intelligenza artificiale con finalità generali” dell’AI Act e quella di “modelli di intelligenza artificiale” del DDL in esame potrebbe ingenerare problemi di armonizzazione fra normativa europea e nazionale.
Art. 10 Disposizioni sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale in materia di lavoro
Questa norma si focalizza espressamente sul lavoro, disciplinando l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale in questo settore nella già menzionata ottica antropocentrica.
Infatti, l’intelligenza artificiale deve:
- migliorare le condizioni di lavoro,
- tutelare l’integrità psico-fisica di lavoratori e
- accrescere la qualità delle prestazioni lavorative e la produttività delle persone.
Inoltre, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale sul lavoro deve essere sicuro, affidabile e trasparente, nonché assicurare la dignità e la riservatezza dei lavoratori.
Consapevole della centralità del principio di trasparenza, il Legislatore italiano sancisce un obbligo di informativa molto capillare a carico del datore di lavoro o committente, estendendo i casi e le modalità di cui all’art. 1 bis, d.lgs. 152/1997 e s.m.i. (“Ulteriori obblighi informativi nel caso di utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati”) – disposizione presente già da tempo nel nostro ordinamento -.
Infine, deve essere assicurato il pieno rispetto dei diritti inviolabili di tutti i lavoratori, evitando discriminazioni basate su sesso, età, origini etniche, credo religioso, orientamento sessuale, opinioni politiche e condizioni personali, sociali ed economiche.
Tale disposizione mira a contrastare il fenomeno della cd. discriminazione algoritmica, ovvero la presenza errori sistematici e ripetibili nei sistemi di intelligenza artificiali che distorcano l’elaborazione degli input e generino output discriminatori per i lavoratori.
Appare evidente, in questa disposizione, il richiamo ai principi di diritto fissati dai precedenti giurisprudenziali summenzionati.
Il Disegno di legge, fra le sue novità, introduce presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali uno specifico Osservatorio sull’adozione di sistemi di intelligenza artificiale nel mondo del lavoro.
Detto organismo dovrà definire una strategia sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro, monitorarne l’impatto, identificare i settori lavorativi maggiormente interessati e promuovere la formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro in materia di intelligenza artificiale.
Criticabile, tuttavia, la disposizione di cui al comma 3, laddove prevede che tali obiettivi non debbano comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, facendo di fatto ricadere i costi della formazione sui privati.
Riassumendo, l’approccio del governo promotore di questo disegno di legge non mira solamente a sancire i principi e gli obiettivi fondamentali alla base dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale sul luogo di lavoro, ma introduce anche delle previsioni di carattere operativo, quali l’obbligo di informativa in capo al datore di lavoro/committente (e al professionista).
Lodevole, inoltre, è l’istituzione di un Osservatorio volto a promuovere l’utilizzo consapevole di detti sistemi automatizzati nel mondo del lavoro, i cui compiti e funzioni verranno determinati dal Ministero del Lavoro una volta diventato attuativo il Disegno di legge.
Se approvato integralmente dal Parlamento, il DDL sull’intelligenza artificiale potrebbe quindi entrare in vigore e diventare direttamente applicabile nel nostro ordinamento, rendendo l’Italia uno dei primi stati dell’Unione Europea ad adottare una normativa interna in materia di intelligenza artificiale.